🚀 Onboarding e conversione di Opal | Analisi
In questo post vogliamo analizzare la strategia di onboarding e conversione di Opal che usa JTBD e reverse trial per convertire.
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In questo post vogliamo analizzare la strategia di onboarding e conversione di Opal.
Se abbiamo un prodotto digitale (e non solo) uno delle più grandi barriere all’entrata non è infatti l’entrata (AKA creazione account), ma l’aha moment o activazione (AKA ottenere valore dal prodotto).
È incredibile infatti quanto maggiore sia la conversione se siamo in grado di portare i nostri utenti ad ottenere valore dal nostro prodotto prima ancora di chiedere loro di comprare.
Pensiamo al supermercato quando ci fanno provare i cubetti di mortadella prima di acquistarla.
Allo stesso modo ci sono tantissimi prodotti digitali (es: Canva, HotJar, ecc) che ci permettono di provare il prodotto fino a che non ne comprenderemo il valore e saremo pronti a diventare utenti paganti.
Noi a Learnn funzioniamo allo stesso modo e permettiamo solo con la tua email di accedere al primo 40% di tutti i nostri corsi.
Ma darti libero accesso a un prodotto non significa che lo userai.
Solo il 35% degli utenti che creano un account con noi iniziano il loro primo corso nei primi 3 giorni.
Perché è così importante questa metrica e il concetto di far percepire valore prima di chiedere un acquisto?
Molto semplice, chi ha iniziato almeno un corso nei primi 3 giorni su Learnn converte in piano PRO al 13.53% vs 1.19% di chi non l’ha iniziato (12x di conversione).
E questo non è neanche l’attivazione per noi, ovvero l’aha moment, che per noi è quando un utente completa almeno 10 lezioni.
Se abbiamo ben chiaro il risultato (pre-acquisto) che ha una diretta correlazione con la vendita, allora potremo portare utenti che magari non convertiranno oggi, ma che al momento giusto lo faranno.
Questa è infatti la retention giornaliera di utenti nel piano gratuito che si sono attivati rispetto a utenti che non si sono attivati.
Più del doppio degli utenti tornano dentro a Learnn per seguire lezioni se hanno completato almeno 10 lezioni.
E questo vale anche per utenti PRO.
Perché è così importante? Perché il nostro business model si basa non sull’acquisto, ma sull’utilizzo.
Se tu inizi a usare il prodotto è fino a 12 volte più probabile che diventi un utente pagante e se continui ad usarlo è molto probabile che rimarrai pagante.
Ma questo flusso per portarti da un utente che non ci conosceva a un utente che sperimenta il valore del nostro prodotto è infatti la grande sfida.
Vediamo un esempio pratico di come fa Opal per raggiungere questo obiettivo.
🚀 Onboarding e conversione di Opal | Analisi
Tutto è iniziato vedendo questa ad sul mio feed Instagram.
Questa inserzione mi ha colpito subito in quanto aveva perfettamente chiaro il concetto di Jobs-to-be-done.
Il loro prodotto infatti ha come scopo quello di limitare il tuo utilizzo di app che ti fanno perdere tempo.
Ma è davvero quello il tuo obiettivo?
No, l’obiettivo dei loro utenti è quello di risparmiare ore, rimanere focus ed essere più produttivi durante la giornata.
Se non sei sicuro di quale sia il jobs-to-be-done del tuo prodotto ne parlo all’interno di questo caso studio di Lime.
Nel momento che clicchi sull’ad vieni portato direttamente a scaricare l’app che è molto coerente con la loro value proposition precedente.
Da qui inizia l’onboarding che, attraverso domande precise ha lo scopo di personalizzare la tua esperienza.
Qui avviene secondo me la magia.
L’onboarding non è fatto unicamente per personalizzare l’esperienza lato prodotto, ma per creare quella motivazione negli utenti per usare il prodotto.
Pensiamo a un corso di inglese. L’onboarding non è solo fatto per capire il tuo livello e proporti i giusti contenuti, ma anche per qualificarti in una tipologia di utente e rispondere alla tue obiezioni del perché il prodotto funzionerà per quell’utente specifico.
Qui Opal lo fa in maniera grandiosa.
Inizia con le brutte notizie, creando in te consapevolezza di cosa succederà se non trovi una soluzione al tuo problema di cui sei consapevole.
Ricordiamoci infatti che la più grande sfida per una startup è trovare il PMF (product market fit).
Si può dire di aver raggiunto il PMF quando il tuo prodotto viene identificato da un gruppo di utenti come la soluzione al loro problema di cui sono consapevoli.
Più grande e sentito è questo problema e maggiori sono le chance che acquistino e parlino del tuo prodotto.
Opal ha prima mostrato quanto grande è il tuo problema attraverso l’onboarding e dopo si posiziona come soluzione ad esso.
Ed ora che hai portato l’utente a comprendere il valore del tuo prodotto cosa fare?
Qui ci possono essere infinite strade da percorrere:
Farti pagare subito proponendoti l’acquisto diretto;
Proporti un free trial dove inserisci il metodo di pagamento;
Farti accedere al prodotto con un modello freemium dove pagherai solo quando sarai pronto;
Ognuno di questo modelli ha lati positivi e negativi.
Se chiedi subito il pagamento l’utente potrebbe non essere pronto e trovare il paywall troppo aggressivo.
Magari convertirai il 3-4% degli utenti ma ti perderai tutti gli altri.
Se proponi il free trial potresti portare dentro il 10-15% di cui però solo il 50-70% convertirà .
Se usi il freemium potresti portare dentro il 90%, ma di cui solo il 5-6% convertirà .
Questi non sono numeri completamente campati per aria, ma dati dalla mia esperienza di cosa succede in molti di questi monetization model.
Se ne dovessimo scegliere solo uno, l’unico modo per capire qual è quello giusto sarebbe testarli l’uno contro l’altro, oppure…
Perché sceglierne uno solo?
Opal propone immediatamente la prova gratuita.
Questa pagina in particolare è secondo me stupenda per rispondere a tutte le obiezioni.
Come spinge l’annuale rispetto al mensile, come usa i loghi per trust, come usa il design per farti capire quali saranno gli step.
Questa basterebbe per ottenere molti free trial, ma loro sanno che obbligando l’utente a entrare in una prova con carta perderebbero molti utenti.
È così che, li sotto nascosto, ti permettono di entrare nell’app in un modello freemium.
Tutti gli utenti che si fermano a questo step sono quindi spingi a entrare senza dover mettere carta o niente e hanno accesso all’esperienza free limitata di un modello freemium.
Questa strategia è una specie di reverse trial, ovvero farti entrare nel prodotto con le massime feature e, dopo 7 giorni, rimuoverti le feature che fino ad oggi hai così tanto amato.
È maggiore la conversione per chi vuole pagare per avere accesso a nuove feature o per chi non vuole perdere l’accesso delle feature che ha già provato?
Il senso di perdita è sempre più forte del senso di guadagno.
Questa è una strategia usatissima nel gaming infatti.
Una volta dentro al prodotto, sia con modello free trial che freemium, lo scopo di Opal rimane lo stesso nominato all’inizio, ovvero portarti verso l’aha moment.
Per farlo ti fa scegliere quali app bloccare e tiene traccia attraverso badge e statistiche dei tuoi progressi.
Hanno addirittura un sistema di gamification per tenerti ingaggiato.
Tutto questo però tenendo sempre chiaro che non sei nel piano PRO e limitando le tue feature fino al momento in cui diventerai un utente che vuole fare il passo verso i piani a pagamento.
Questo è come Opal utilizza il JTBD e il reverse trial per convertire i propri utenti.
Se volessi sapere di più di questi argomenti ti lascio alcune risorse qui sotto che puoi iniziare gratis:
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